Soft robotics

La biologia ispira da tempo la realizzazione di macchine con caratteristiche uniche. La flessibilità e l’elasticità, per esempio, facilitano l’interazione di un essere vivente con l’ambiente, offrendo vantaggi che si intendono sfruttare con una nuova classe di macchine: i soft robot.

I robot convenzionali sono costituiti da elementi rigidi e sono ampiamente utilizzati nella produzione industriale, in cui svolgono compiti specifici in modo efficiente. Tuttavia la loro struttura a membri rigidi li rende sì in grado di svolgere compiti gravosi, ma al contempo li rende poco adattabili, e soprattutto pericolosi nell’interazione con esseri umani, per cui nella pratica li si confina in spazi di lavoro ben delimitati.

I soft robot invece offrono l’opportunità di colmare il divario tra uomo e macchina. Essi infatti sono realizzati con materiali intrinsecamente morbidi e/o estensibili (per esempio gomme siliconiche) che pertanto possono deformarsi e assorbire molta dell’energia derivante da un urto. Questi robot inoltre hanno una struttura deformabile con attuazione muscolare che emula i sistemi biologici, traducendosi in un numero di gradi di libertà molto maggiore di quello dei robot tradizionali. Hanno quindi una grande capacità di adattamento, sensibilità e agilità, potendosi piegare e torcere per operare in spazi ristretti, o deformare in modo continuo per realizzare movimenti sinuosi e adattabili  all’ambiente, o ancora adeguare la loro forma agli oggetti con cui vengono a contatto, potendo così manipolarli anche se sono di forma complessa.

La sfida più impegnativa per creare soft robot che raggiungano il loro pieno potenziale è lo sviluppo di corpi in materiali flessibili ed elastici che però siano controllabili, ossia che integrino sensori, attuatori e computer per rendere possibile il comportamento desiderato. Tutto ciò però richiede un approccio completamente diverso da quello dei robot convenzionali, fondato su paradigmi nuovi che stanno emergendo da un’intensa attività di ricerca.

Carlo Remino
Ricercatore in Meccanica  Applicata alle Macchine  presso la facoltà  di ingegneria dell’Università  degli Studi di Brescia. 
carlo.remino@unibs.it

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