Sensori per vibrazioni

Le vibrazioni meccaniche sono oscillazioni di un componente attorno alla sua posizione di equilibrio, e possono far parte del normale funzionamento della macchina (si pensi ai vagli setacciatori o ai nastri trasportatori vibranti), oppure manifestarsi come un fenomeno ineliminabile ma accettabile, o come un vero e proprio indice di malfunzionamento.

Nelle macchine le vibrazioni sono torsionali (per esempio negli alberi) e/o lineari, le quali a loro volta si suddividono in assiali e flessionali.

Data la loro importanza, vi sono classi di sensori che le rilevano in base a principi fisici diversi che ne influenzano le prestazioni e quindi il campo di applicazione.

I tipi più diffusi sono gli accelerometri, che sono così chiamati in quanto sfruttano la forza d’inerzia prodotta dall’accelerazione associata al moto vibratorio per deformare masse piezolettriche che in risposta generano un segnale elettrico. Questo segnale viene inviato direttamente allo strumento di misura (accelerometro ad alta impedenza), il quale però deve disporre in ingresso di un modulo apposito, oppure viene amplificato dal sensore stesso (accelerometro a bassa impedenza) per consentirne l’acquisizione diretta dalla strumentazione normalmente utilizzata.

Un altro tipo di sensori sfrutta invece le deformazioni cui sono soggetti gli organi di macchina che vibrano. Si pensi per esempio a un albero soggetto a flessione: tanto maggiore è la distanza dal piano di flessione, tanto maggiori saranno la compressione e l’elongazione alternata indotte dalla vibrazione. Pertanto alcuni sensori montano estensimetri, ossia fili elettrici che si deformano nella stessa misura della superficie sulla quale sono incollati: questa deformazione, variando la sezione del filo, ne varia la resistenza e quindi la risposta elettrica, catturando il fenomeno vibratorio.

L’ultimo tipo di sensori sono a correnti parassite, i quali funzionano senza che la parte sensibile sia a diretto contatto con l’organo misurato. Ciò avviene grazie a una bobina alimentata da una corrente alternata ad alta frequenza per generare un campo magnetico: dato che l’organo vibrante varia continuamente la propria distanza dal sensore, al suo interno si generano correnti parassite che si oppongono al campo magnetico primario, provocando una variazione di impedenza della bobina che varia al cambiare della distanza fra organo e sensore.

Come scegliere il sensore più adatto?

Bisogna considerare diversi fattori, quali:

  • portata e precisione;
  • condizioni ambientali;
  • la forma dell’ organo misurato.

L’accelerometro è il sensore più impiegato, dato che ha una buona gamma di frequenze che ne permette l’impiego in sistemi sia lenti sia veloci. Inoltre hanno un prezzo conveniente e sono resistenti.

I sensori estensimetrici sono versatili, accurati, e adatti all’impiego in ambienti pericolosi. Tuttavia richiedono un montaggio più attento e un amplificatore di segnali che ne aumenta il costo.

Infine, i sensori a correnti parassite hanno una precisione media e non sono adatti per applicazioni ad alta risoluzione, ma in compenso sono resistenti e quindi adatti per l’uso in ambienti sporchi.

Carlo Remino
Ricercatore in Meccanica Applicata alle Macchine presso la facoltà di ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia. carlo.remino@unibs.it

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