La classificazione dei motori in base al tipo di servizio, intermittente o continuo, è basata sul ciclo di lavoro, ossia sul tempo che il motore funziona nell’arco di tempo costituito da un ciclo: se il motore funziona per brevi periodi o ciclicamente, è in servizio intermittente; se invece funziona ininterrottamente, è in servizio continuo. Esempi di servizio intermittente si hanno nelle apparecchiature per l’imballaggio, nelle pompe dosatrici, nei pallettizzatori, negli avvolgitori. Esempi di servizio continuo si hanno invece nei trasportatori per l’alimentazione di materiali sfusi a pompe a flusso continuo e a miscelatori continui.
Questa classificazione determina i requisiti di efficienza del motore, ed è della massima importanza perché in caso di errore (per esempio scegliendo unità per servizio intermittente per applicazioni che richiedano un funzionamento continuo) il motore può surriscaldarsi, danneggiandosi e/o danneggiando altri elementi della macchina.
Al fine di incrementare l’efficienza dei motori per servizio continuo, infatti, la massa rotante (o inerzia) è sovradimensionata, comportando in tal modo che sia necessaria una maggiore quantità di energia per avviarla e arrestarla. In molte applicazioni dinamiche o con cicli elevati, questi motori possono pertanto consumare più energia e quindi risultare meno efficienti di motori a bassa inerzia progettati per il servizio intermittente.
Di conseguenza l’efficienza nominale del motore non è di per sé sufficiente a indicare se esso sia adatto a un tipo di applicazione piuttosto che a un’ altra. Dal punto di vista del risparmio energetico è necessario concentrarsi sull’efficienza totale dell’intero sistema, e non solo su quella nominale del motore. Il fatto che questa sia più elevata, infatti, non è garanzia di un minore consumo energetico nell’applicazione reale.