Modellazione e simulazione

Quando si studia o si progetta un sistema in genere si procede in modo selettivo e con un certo grado di approssimazione, dato che il mondo fisico è troppo complesso per poterlo considerare nella sua totalità. Di conseguenza si formula come prima cosa un sistema ideale che rappresenti le caratteristiche principali in funzione dell’analisi da svolgere, e si fa ciò:

• considerando solo la parte cui si è interessati o è più importante;

• trascurando o approssimando fenomeni troppo complessi o di scarso peso.

Si consideri per esempio la pompa di fig. 1. L’esatta pressione del fluido in un determinato istante dipende non solo dalle caratteristiche del manovellismo, ma anche dalla regolarità della coppia e della velocità applicate dal motore, le quali a loro volta dipendono non solo dalle caratteristiche del motore e della trasmissione, ma anche dai fenomeni vibratori che perturbano il sistema. E questo per limitarsi solo alla parte meccanica del dispositivo.
Tuttavia spesso è ragionevole assumere che l’effetto di gran lunga predominante sulla pressione del fluido sia il manovellismo, e di conseguenza che le parti restanti e i relativi fenomeni possano venire trascurati senza commettere errori apprezzabili. Ecco quindi che si studierà il solo manovellismo, ipotizzando che la coppia motrice applicata sia costante, e che il moto del pistone sia dovuto unicamente alle caratteristiche dimensionali del manovellismo, supposto ideale, ossia privo di giochi.

Una volta operata questa selezione, si sviluppa un modello matematico costituito dalle relazioni che legano fra loro tutti i parametri del sistema ideale, come per esempio:

• la velocità e l’accelerazione angolari della manovella e la velocità e l’accelerazione lineari del pistone;

• il legame fra la coppia motrice applicata dal motore e la forza resistente esercitata dal fluido.

Tuttavia la complessità del sistema ideale deve rispondere:

• alle finalità dello studio;

• alle risorse a disposizione.

Infatti, non dev’essere eccessiva per i costi e i tempi che altrimenti sarebbero richiesti, ma anche perché spesso lo studio richiederebbe grandezze di cui non si conosce il valore. D’altro canto non dev’essere troppo bassa per evitare di studiare un sistema che sia troppo lontano dalla realtà.

Rispetto al passato il progettista moderno può trarre vantaggio dai sempre più sofisticati programmi di simulazione che sono disponibili in commercio, e quindi ha la possibilità di studiare nel dettaglio il funzionamento e le prestazioni di ciò che sta progettando ancora prima che sia realizzato il primo prototipo. In questo modo è possibile ridurre i tempi e i costi di sviluppo dei nuovi prodotti, dato che la loro rispondenza alle specifiche di progetto viene il larga misura verificata mediante le simulazioni.

Tuttavia questa possibilità comporta per l’azienda costi d’ investimento di una certa entità, i quali non sono tanto correlati allo strumento informatico, quanto all’ addestramento al suo uso e alla stessa preparazione di base dello specialista, che in genere è di livello universitario.

Un esempio interessante che illustra le possibilità offerte dai programmi di simulazione è lo studio di un reattore catalitico per la depurazione delle acque. La fotocatalisi è un avanzato processo di ossidazione che impiega un catalizzatore (in genere ossido di titanio), luce ultravioletta (UV) e ossigeno per decomporre inquinanti organici (per esempio coloranti, pesticidi organici e detergenti) in diossido di carbonio, acqua e un acido minerale. Uno degli aspetti da studiare con più attenzione è la fluidodinamica, poiché la reazione di ossidazione degli inquinanti avviene sulla superficie del catalizzatore fotoattivato, e di conseguenza è essenziale che non vi siano ostacoli o zone di ricircolo che impediscano a una frazione rilevante del fluido di lambire la superficie attiva del reattore. Per ottimizzare il processo di fotoattivazione era previsto di inserire le lampade UV all’interno di cilindri realizzati con una rete di biossido di titanio (la superficie attiva del catalizzatore, quindi, era quella interna del cilindro). Il funzionamento sarebbe stato batch, per cui un determinato volume d’acqua sarebbe stato fatto circolare più volte nel reattore fino a ridurre la concentrazione degli inquinanti al di sotto di una soglia ritenuta accettabile: una pompa quindi avrebbe aspirato il fluido dall’alto e lo avrebbe reimmesso dal basso. La fig. 2 illustra come grazie alle simulazioni sia stato possibile variare alcuni parametri geometrici del reattore e verificarne l’effetto sul flusso d’acqua. La fig. 3 illustra gli stessi risultati mediante le linee di flusso.

Tuttavia la parte più interessante della simulazione consisteva nel valutare l’effetto termico generato dalle lampade, fenomeno la cui portata era stata inizialmente trascurata. Le lampade, infatti, trasformano l’energia elettrica che le alimenta in energia luminosa con un rendimento del 50% circa, e di conseguenza la parte rimanente viene convertita in calore. Questo calore deve incidere sull’andamento del flusso, poiché la disposizione verticale del condotto lampada-catalizzatore induce un “effetto camino” che richiama fluido, a tutto vantaggio della frazione d’acqua che interessa la zona fotoattivata e quindi dell’efficienza del processo di depurazione. Nelle figg. 4 e 5 questo fenomeno si manifesta chiaramente, dato che la superficie della lampada è stata impostata come una sorgente di calore di alcuni watt.

Inoltre, supponendo che il catalizzatore sia a una temperatura leggermente maggiore dell’acqua in entrata grazie all’irraggiamento ultravioletto, si osserva come l’“effetto camino” agisca anche all’esterno del condotto. In virtù di questo fatto si giustificava il posizionamento di lampade anche all’esterno delle reti del catalizzatore per sfruttarne tutta la superficie e quindi migliorare l’ efficienza del reattore. Si noti inoltre come la fluidodinamica sia influenzata dal diametro del foro di entrata e in misura minore dalla sua distanza dalla rete, e come con determinati valori non vi siano più zone di ricircolo.

Carlo Remino
Ricercatore in Meccanica 
Applicata alle Macchine presso la facoltà di ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia. 
carlo.remino@unibs.it

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