Le vibrazioni come strumento di analisi

L’analisi delle vibrazioni è il metodo più diffuso per il monitoraggio delle macchine perché offre numerosi vantaggi e può essere condotta sia in modo continuo sia intermittente. Oltre ad avvenire in tempo reale, sofisticate tecniche di elaborazione dei segnali consentono di estrarre le informazioni anche in presenza di rumore o di altri segnali di disturbo.

La maggior parte dei componenti di una macchina genera vibrazioni con caratteristiche distinte, spesso legate anche al loro stato. I segnali generati dagli ingranaggi, per esempio, sono costituiti da armoniche (ossia multipli interi) della frequenza di rotazione degli alberi su cui sono montati, mentre questo non avviene nei cuscinetti. Altri segnali, come quelli generati da turbolenza o cavitazione nei fluidi, sono non deterministici, ma con una distribuzione che può essere comunque legata a frequenze specifiche.

I segnali spesso sono “stazionari”, cioè le loro proprietà statistiche (come frequenze, valore quadratico medio, ampiezza massima) non variano nel tempo, ma possono anche essere “ciclostazionari”, cioè con proprietà che variano ciclicamente. Un esempio di segnali ciclostazionari sono quelli generati dai motori a combustione interna, che hanno una periodicità legata alla velocità di funzionamento dei cilindri, ma con significative variazioni all’interno di ogni ciclo.

A titolo di esempio, in Fig. 1 sono rappresentate le vibrazioni (in azzurro) rilevate sullo stantuffo e sul corpo di un pistone pneumatico durante un ciclo in cui lo stantuffo viene fatto uscire e poi rientrare (in arancione). 

In Fig. 2 invece sono riportati i corrispondenti spettri di frequenza FFT: come si può notare, gli spettri differiscono sia in ampiezza sia in distribuzione. Più in generale, gli spettri variano a seconda dello stato del pistone (per esempio, in caso di fissaggio allentato o di perdite nei tubi di alimentazione) e consentono quindi di rilevare se il pistone sia soggetto a malfunzionamenti e di che natura.

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