L’accordo di prossimità come strumento di flessibilità nel rapporto di lavoro

L’art. 8 del D.L. 138/2011, convertito nella L. 148/2011, sancisce, in presenza di determinati presupposti e nel rispetto di taluni limiti, la possibilità di avvalersi degli accordi di prossimità al fine di disciplinare, con efficacia generalizzata (ovvero erga omnes) i rapporti di lavoro con modalità che possano risultare più confacenti alle specifiche esigenze imprenditoriali, se del caso derogando alle norme di legge ed alla contrattazione collettiva nazionale.

Come si evince dal succitato articolo 8, affinché le specifiche intese contenute nei contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale siano efficaci nei confronti di tutti i lavoratori interessati, è necessario che essi siano sottoscritti da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011. 

È parimenti necessario che le intese siano preordinate al conseguimento delle finalità tassativamente indicate dalla norma, vale a dire alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti ed all’avvio di nuove attività, ed altresì che riguardino le materie inerenti all’organizzazione del lavoro e della produzione precipuamente indicate al comma II dell’art. 8 cit.

L’osservanza della norma in esame risulta indefettibile per il valido perfezionamento, e la conseguente operatività, dell’accordo di prossimità, atteso che, come è stato osservato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 52 del 28.03.2023), investita della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 cit. in relazione agli artt. 2 e 39 della nostra Carta Costituzionale, a fronte del paventato dubbio che l’efficacia dell’accordo in esame nei confronti di tutti i lavoratori – indipendentemente dalla loro adesione al sindacato firmatario – potesse ritenersi lesiva della loro libertà sindacale,  siffatta efficacia generale, proprio perché eccezionale, sussiste solo se ricorrono i presupposti ai quali l’art. 8 cit. la condiziona.

Confermativa dell’impossibilità di considerare l’accordo aziendale di prossimità uno strumento per derogare indiscriminatamente al dettato normativo, è la recente sentenza n. 71/2023 mediante la quale la Sezione Lavoro del Tribunale di Teramo, adita da un dipendente che lamentava il perdurare (oltre il limite sancito dall’art. 19, comma II, del D. Lgs. n. 81/2015 e dalla contrattazione collettiva) della somministrazione presso la medesima azienda utilizzatrice, sulla scorta di un contratto aziendale di prossimità che conferiva tale facoltà, ha ritenuto nullo detto contratto in quanto contenente una regolamentazione totalmente abrogativa del precetto normativo, peraltro senza alcuna controprestazione – in termini di stabilizzazione occupazionale – a favore dei lavoratori, in spregio al disposto dell’art. 8 cit. che, come anzidetto, non legittima lo stravolgimento della disciplina nazionale, bensì subordina il potere di deroga al perseguimento di determinate finalità e lo circoscrive alla regolamentazione di specifiche materie.

Giovanna Riviera
Avvocato di diritto del Lavoro 
www.studiolegaleriviera.it

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