La tutela del brevetto e contraffazione per equivalenti

Ai fini della contraffazione per equivalente di un brevetto, non è certo sufficiente sostenere che negli impianti dell’azienda sarebbe riprodotto il nucleo essenziale o cuore dell’invenzione, al di là delle mere varianti ovvie per un tecnico del settore, come desumibile a posteriori, formulando una valutazione indipendente da quanto previsto nelle “rivendicazioni”, laddove l’impianto dell’azienda che si assume aver copiato il brevetto non presenta talune caratteristiche essenziali proprie del brevetto in esame e precisamente la caratteristica “della rivendicazione”.

In merito alla violazione della tutela del brevetto è intervenuta ultimamente la corte di Cassazione Sez. I, con l’Ordinanza (ud. 01/12/2021) e depositata il 04/01/2022, n. 120 con la quale ha esplicitato la dottrina degli equivalenti e che consiste in una teoria interpretativa secondo cui un prodotto o procedimento, pur formalmente diverso dall’invenzione brevettata, può essere comunque ricondotto nell’ambito di esclusiva conferito dalla privativa, così da garantire al titolare del brevetto una protezione più ampia (e più equa) di quella che gli verrebbe concessa sulla base di una interpretazione strettamente letterale delle stesse evitando che modeste e non significative varianti, apportate dal contraffattore, possano consentire l’elusione della tutela conferita dal brevetto.

Il ruolo centrale e autonomo delle rivendicazioni si è rafforzato sia nella valutazione dei requisiti di brevettabilità dell’invenzione, in quanto solamente le caratteristiche come effettivamente rivendicate debbono essere prese in considerazione per stabilire la differenza tra l’oggetto del brevetto e l’arte note, sia nella fase di accertamento della contraffazione letterale o per equivalenti.

Al fine di escludere la contraffazione per equivalenza non rileva la variazione, seppure originale, apportata ad un singolo elemento del trovato brevettato se la variazione non consenta di escludere l’utilizzazione, anche solo parziale, del brevetto anteriore, occorrendo, in tal caso, l’autorizzazione all’utilizzo da parte del titolare del brevetto antecedente.

L’art. 52 Codice Proprietà Industriale, come modificato ad opera del D. lgs. 13 agosto 2010, n. 131, nel suo comma 1, stabilisce che: “nelle rivendicazioni, è indicato specificamente ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto, mentre, al secondo e comma 3, si aggiunge che i limiti della protezione sono determinati dalle rivendicazioni e che tuttavia la descrizione ed i disegni assolvono alla funzione di interpretare le rivendicazioni, il che deve avvenire secondo una regola di contemperamento, ossia in modo da garantire, nel contempo, un’equa protezione al titolare dell’invenzione e una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi”.

Il comma 3 bis, introdotto ex novo dal decreto del 2010, precisa, introducendo un pieno riconoscimento normativo alla “contraffazione per equivalenti”, già da tempo riconosciuta dalla giurisprudenza e dalla dottrina, che, per determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, si deve tenere nel dovuto conto “ogni elemento equivalente ad un elemento indicato nelle rivendicazioni”, regola questa conforme al Protocollo interpretativo dell’art. 69 della Convenzione sul Brevetto Europeo, revisionato nel 2000.

L’approdo alla cosiddetta “peripheral definition theory”, fondata sulla chiara e precisa identificazione dei “limiti e dei confini della protezione brevettuale, funzionali alla determinazione del perimetro della privativa”, sulla base delle caratteristiche del trovato espressamente rivendicate nel testo brevettuale, secondo il c.d. esame “elemento per elemento”, fatto proprio dal legislatore Europeo e italiano, che aveva già trovato applicazione nel sistema statunitense c.d. “element by element rule”, a sua volta corollario della “all elements rule”, secondo cui, perchè si abbia contraffazione, ogni elemento rivendicato deve ritrovarsi nell’oggetto o letteralmente o per equivalenti.

In tema di brevetti per invenzioni industriali e della loro contraffazione per equivalente, ai sensi dell’art. 52, comma 3 bis, del Codice Proprietà Industriale, di cui al D.Lgs. n. 30 del 2005, come modificato ad opera del D.lgs. 13 agosto 2010, n. 131, il giudice – chiamato a valutare l’esistenza di un illecito contraffattorio deve preliminarmente determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, poi individuare analiticamente le singole caratteristiche del trovato, così come espressamente rivendicate nel testo brevettuale, interpretate anche sulla base della loro descrizione e dei disegni allegati, e quindi verificare se ogni elemento così rivendicato si ritrovi anche nel prodotto accusato della contraffazione, anche solo per equivalenti, così intendendosi, secondo una delle possibili metodologie utilizzabili, quelle varianti del trovato che possano assolvere alla stessa funzione degli elementi propri del prodotto brevettato, seguendo sostanzialmente la stessa via dell’inventore e pervenendo al conseguimento dello stesso risultato.

Si è quindi rafforzato il ruolo centrale e autonomo delle rivendicazioni, sia nella valutazione dei requisiti di brevettabilità dell’invenzione, in quanto solamente le caratteristiche, come effettivamente rivendicate, debbono essere prese in considerazione per stabilire la differenza tra l’oggetto del brevetto e l’arte nota, sia nella fase di accertamento della contraffazione letterale o per equivalenti.

Vi sono due principali metodologie per valutare l’equivalenza: a) il triple test o metodo FWR (function, way, result), di matrice statunitense, secondo cui, in un’analisi di ogni parte dell’invenzione, nella contraffazione per equivalenti rientrano solo quelle soluzioni che realizzano lo stesso risultato dell’invenzione (result), con le stesse modalità (way) e che svolgono sostanzialmente la stessa funzione (function); b) il criterio dell’ovvietà, di derivazione tedesca, secondo cui rientrano nella contraffazione del brevetto per equivalenti tutte le realizzazioni che, in virtù della tecnica nota, costituiscono, per il tecnico del ramo, un’ovvia variante ovvero una risposta banale e ripetitiva rispetto a quanto rivendicato, salvo che il trovato oggetto di contestazione non risolva un problema tecnico diverso, potendo allora rientrare nel campo delle invenzioni dipendenti, di cui all’art. 68, comma 2, c.p.i..

Va osservato che il c.d. triple test (FWR: function, way, result), da applicarsi ai fini della verifica della contraffazione per equivalenti, non ha una base normativa, ma è il frutto di un non recente indirizzo giurisprudenziale statunitense (peraltro rimesso in discussione dalla stessa Supreme Cour a partire dal caso Warner Jenkinson Co. v/ Hilton Davis Chem Co., del 1997), vale viceversa rammentare che, secondo l’insegnamento di questa della Corte di Cassazione in merito “In tema di contraffazione di brevetto per equivalenza, al fine di valutare se la realizzazione contestata possa considerarsi equivalente a quella brevettata, sì da costituirne una contraffazione, occorre accertare se, nel permettere di raggiungere il medesimo risultato finale, essa presenti carattere di originalità, offrendo una risposta non banale, né ripetitiva della precedente, essendo da qualificarsi tale quella che ecceda le competenze del tecnico medio che si trovi ad affrontare il medesimo problema, in questo caso soltanto potendo ritenersi che la soluzione si collochi al di fuori dell’idea di soluzione protetta. L’accertamento concreto dell’equivalenza della soluzione costituisce una questione di fatto, affidata all’apprezzamento insindacabile del giudice di merito, se sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici” (Cass. 13 gennaio 2004, n. 257). Ciò con la successiva precisazione che, al fine di escludere la contraffazione per equivalenza “non rileva la variazione, seppure originale, apportata ad un singolo elemento del trovato brevettato, se la variazione non consenta di escludere l’utilizzazione, anche solo parziale, del brevetto anteriore” (Cass. 30 dicembre 2011, n. 30234; Cass. 2 novembre 2015, n. 22351).

È stato nuovamente ribadito (Cass. 22351/2015, riguardante un brevetto relativo ad una macchina per carico e scarico e accoppiamento di strisce di pelle) che “una riproduzione solo parziale del dispositivo brevettato non è idonea ad escludere, di per sè, la contraffazione laddove la parzialità non impedisca, secondo un accertamento che costituisce una questione di fatto, affidata all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile se sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici, di ritenere l’utilizzazione del brevetto, nella sua struttura generale, anteriore”.

Si è invece esclusa la contraffazione per equivalenti quando un prodotto o procedimento in contestazione sia significativamente diverso rispetto a quello brevettato, tanto che, presentando una differenza tecnica strutturale, qualitativamente apprezzabile e che investe il nucleo inventivo protetto, non possa essere considerata un mero equivalente (Cass. 9548/2012).

La Corte seguendo il percorso interpretativo da ultimo Cass. n. 2977/2020, dando continuità al percorso interpretativo della stessa Corte, all’effettiva applicazione alla regola di contemperamento, contemplata dell’art. 52 c.p.i., commi 3 e 3 bis, ha ribadito che: “l’ambito di tutela del brevetto non può sempre essere determinato sulla base del solo contenuto letterale delle rivendicazioni, che esprimono dichiarazioni di volontà dell’inventore, in quanto vi sono indubbiamente casi in cui la non coincidenza fra il prodotto e il contenuto oggettivo delle rivendicazioni brevettuali non esclude la contraffazione, allorchè la modesta variante incida su di un elemento della rivendicazione che non abbia importanza centrale nell’economia dell’idea inventiva (eliminandolo, o sostituendolo in una diversa soluzione espressiva della stessa idea fondamentale); o allorchè il prodotto accusato di contraffazione per equivalenti assolve alla stessa funzione del prodotto brevettato, seguendo sostanzialmente la stessa via e pervenendo allo stesso risultato; o, ancora quando la soluzione sostitutiva adottata dal contraffattore rispetto alla soluzione brevettata appaia ovvia e non originale, tenuto conto, quale parametro di valutazione, delle conoscenze medie del tecnico del settore”.

Gregorio Pietro D’Amato
Dottore commercialista
Via Corfù, 59 – Brescia
studiogregoriodamato.com

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