La lubrificazione nei cuscinetti

Una delle principali cause di guasto nelle apparecchiature industriali è una lubrificazione inadeguata o insufficiente. Senza una buona lubrificazione le superfici che strisciano o rotolano sono soggette a un considerevole attrito che genera calore e usura, con conseguente aumento del rumore, della perdita di precisione e della riduzione della durata dell’apparecchiatura stessa.

Una delle proprietà più importanti di un lubrificante è la viscosità, che nel caso dei grassi è quella dell’olio in essi contenuto: la viscosità è l’attrito interno del fluido. Quando il fluido è soggetto a un flusso laminare, cioè a un moto nel quale non vi sia turbolenza, strati fluidi di spessore infinitesimo scorrono gli uni sugli altri: nel caso per esempio che la superficie superiore abbia una velocità maggiore di quella inferiore, ogni strato fluido (filetto) si muoverà un po’ più velocemente di quello sottostante e un po’ meno velocemente di quello sovrastante. Le forze coesive tra gli strati devono però essere vinte ed è questa resistenza al moto relativo che è all’origine della viscosità.

A livello microscopico ogni superficie è più o meno irregolare, ossia è caratterizzata da asperità sotto forma di creste e valli. Naturalmente le dimensioni delle asperità dipendono dal tipo di lavorazione con cui la superficie è stata generata. Durante il moto queste asperità interferiscono fra loro, causando attrito e usura, e da qui sorge la necessità di separare le superfici mediante uno strato di lubrificante.

Tuttavia vi sono diversi regimi di lubrificazione.

Quando le superfici sono stazionarie o si muovono a velocità molto basse, il film lubrificante è estremamente sottile, di spessore molecolare, perché non vi sono azioni fluidodinamiche capaci di generare una pressione che bilanci la forza che preme sulle superfici (il semplice peso, per esempio). Questo regime è chiamato limite, e la riduzione dell’attrito è ottenuta mediante additivi che reagiscono con le superfici grazie all’elevata pressione di contatto generando prodotti di reazione aventi bassi coefficienti d’attrito.

All’aumentare della velocità superfici conformate in modo da creare un meato che si restringa verso l’uscita generano nel fluido intrappolato una pressione capace di controbilanciare in tutto o in parte la forza che grava sulle superfici (sostentamento idrodinamico). Oltretutto questa pressione aumenta la viscosità del lubrificante, aumentando di riflesso la sua capacità portante. Se la separazione delle superfici è completa, il regime di lubrificazione è detto a film spesso, mentre se è parziale il regime di lubrificazione è misto.

Infine, quando la geometria non è adatta al sostentamento idrodinamico, come nel caso di una sfera o di un rullo che rotoli su un piano come nei cuscinetti volventi, il contatto è fortemente localizzato e pertanto deforma elasticamente le superfici e aumenta in misura considerevole la viscosità: questi due fenomeni generano una pressione che riesce a separare completamente le superfici. Tale regime è indicato come lubrificazione elastoidrodinamica.

Carlo Remino
Ricercatore in Meccanica  Applicata alle Macchine  presso la facoltà  di ingegneria  dell’Università  degli Studi di Brescia.  carlo.remino@unibs.it

Total
0
Shares
Previous Post

Nuovo numero Meccanica & Fonderia Maggio 2022

Next Post

Caro energia… c’è una soluzione?

Related Posts
Processing...
Thank you! Your subscription has been confirmed. You'll hear from us soon.
ErrorHere