È ritorsivo il licenziamento del dipendente espunto dal contesto aziendale perché legato al precedente gestore

In un contesto giurisprudenziale in cui non difettano pronunce afferenti al licenziamento c.d. ritorsivo, per tale pacificamente intendendosi l’ingiusta ed arbitraria reazione del datore di lavoro ad un comportamento legittimo del lavoratore (ex multis, Cass. Civ., Sez. Lav., n. 1195/2019), merita menzione una recente sentenza della Sezione Lavoro del Tribunale di Venezia, n. 531 del 13.09.2023, che ha ritenuto così connotabile il provvedimento espulsivo comminato nei confronti di una lavoratrice – legata alla precedente gestione dell’azienda – espunta, in data 31.01.2022, per un asserito giustificato motivo oggettivo consistente in una riferita contrazione del lavoro dovuta alla crisi economica causata dalla pandemia Covid-19.

La documentazione acquisita in corso di causa ha, infatti, consentito di appurare come non soccorresse l’addotto giustificato motivo oggettivo, atteso che i bilanci comprovavano come la datrice di lavoro, nel 2021, avesse prodotto un utile idoneo a coprire le perdite riferite all’annualità precedente ed il Libro Unico del Lavoro attestava l’effettuazione di una pluralità di assunzioni, anche coerenti con il livello assegnato alla ricorrente, finanche collocabili nel periodo immediatamente antecedente il suo licenziamento.

Appurata l’insussistenza del motivo dedotto dalla datrice di lavoro, il Giudice di merito, valorizzando le presunzioni mediante le quali il lavoratore è ammesso a provare la natura ritorsiva del licenziamento, ha altresì ritenuto che il provvedimento espulsivo comminato nei confronti della ricorrente fosse originato proprio dalla volontà datoriale di escludere una dipendente evidentemente scomoda in quanto espressione della precedente gestione dell’azienda (trattavasi della moglie del precedente gestore e sua collaboratrice).

Sono stati, infatti, ritenuti indizi univoci circa la natura ritorsiva, oltre all’insussistenza del motivo oggettivo dedotto dalla datrice di lavoro e la pressoché coincidenza temporale tra il licenziamento comminatole e le nuove assunzioni effettuate dall’azienda, finanche il licenziamento del figlio della ricorrente il quale, parimenti, aveva partecipato alla precedente gestione.

Per l’effetto, il licenziamento in esame è stato dichiarato nullo per illiceità della causa con conseguente condanna dell’azienda alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro, al risarcimento del danno mediante corresponsione di un’indennità pari alle retribuzioni che sarebbero state maturate dal licenziamento alla reintegra, dedotto quanto eventualmente percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il medesimo periodo.

Giovanna Riviera
Avvocato di diritto del Lavoro 
www.studiolegaleriviera.it

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